La gastronomia brianzola

La provincia di Monza e Brianza non presenta elementi geografici caratterizzanti, che altrove hanno dato vita a una gastronomia ricca legata al territorio. In queste terre, tra il Settecento e l'Ottocento, il sistema agricolo è andato velocemente impoverendosi fino a ridursi a una monocoltura di mais, a causa del pressante sistema del fitto. Tutti gli elementi di questo territorio, dai campi alle acque, agli uomini, sono stati da sempre piegati in favore di uno sviluppo economico che ha portato all’attuale ‘sistema Brianza’. Il risultato dello sviluppo storico ed economico di questa parte di Lombardia è una gastronomia con un carattere sobrio, con piatti e preparazioni derivati dalla mescolanza di ingredienti poveri, legati alla tradizione contadina. L’ingrediente fondamentale di questa cucina è il maiale, proverbiale animale di cui ‘non si butta via niente’ utilizzato per carni, frattaglie, salumi e condimenti, accompagnato in genere dalla polenta. Si tratta di una gastronomia fatta di piatti robusti, di sostanza: l'obiettivo era quello di sconfiggere la fame per tornare al lavoro, senza curarsi troppo dell'aspetto nutrizionale. Un tempo dicevano: la pulenta la cuntenta (la polenta accontenta).

I piatti della tradizione culinaria brianzola che si sono conservati nel tempo, in particolare nelle località più piccole e in contesti sociali e ambientali rurali, sono stati riscoperti negli ultimi anni anche dalla ristorazione di qualità, che ne ha fatto dei classici in grado di soddisfare il palato di gourmand e curiosi.

Il piatto re della tradizione brianzola è la cazzoeula, la cui diffusione va ben oltre i confini di questo territorio. E' un piatto a base di costine e altre parti di scarto del maiale, come piedini, musini e cotiche, qualche volta arricchito dall'aggiunta di salamini, detti verzitt: il tutto viene cucinato a fuoco lento con cavoli, carote e sedano e quindi servito con l'immancabile polenta.

Un altro piatto legato all'impiego delle parti meno nobili del maiale è la trippa, che qui viene chiamata buseca perché buseche sono dette le interiora del maiale utilizzate per preparare questa specie di minestra, piuttosto liquida, nella quale si utilizzano anche pomodori, carote, sedano e in alcuni casi fagioli.

Una preparazione più semplice è el panmoijaa, una zuppa che utilizza la pestada de lard: il lardo, o in alternativa la pancetta, viene tritato finemente insieme agli odori, come cipolla, aglio e prezzemolo, quindi fatto bollire in acqua e servito su fette di panegiallo. Il pane giallo, oggi prodotto solo da pochi panificatori, viene preparato mischiando la nobile farina bianca con quelle di granoturco e di segale; in origine era molto utilizzato con gli affettati ma anche nel latte, a colazione o per cena.

Piatto simbolo della città di Monza è il risotto con la luganega, conosciuto anche come risotto alla monzese, una specie di mediazione con la tradizione meneghina: le varianti sono moltissime,ogni monzese ne ha una sua versione personale; l'ingrediente base è la snella salsiccia alla quale vengono aggiunti altri ingredienti, come lo zafferano, anche se sembra che la ricetta più autentica non lo preveda. La stessa luganega è un prodotto di origini antichissime, utilizzato già dai romani che lo importarono dalla Lucania, da cui il nome, è un prodotto oggi poco diffuso; a Monza la si può trovare da Il Gourmet, in via Passerini o alla piccola salumeria diAngelo Brugola, in via Antonietti.

La torta paesana è sicuramente uno dei dolci tradizionali più conosciuti, un altro di quei piatti poveri ampiamente diffusi nelle campagne lombarde: viene preparata con pane raffermo, fatto macerare nel latte e quindi insaporito con cacao, pinoli, frutta candita e uvetta; anche in questo caso esistono diverse varianti locali.

Sempre in tema di dolci, sono assolutamente da segnalare due antiche ricette, legate alla figura e al nome del compatrono San Gerardo: il pane e i biscotti di San Gerardo, reinterpretate e riproposte negli ultimi anni. Il pane di San Gerardo è un pane dolce, tradizionalmente realizzato con zucchero, miele e frutta a cui si sono aggiunte negli anni castagne candite, uva sultanina e mandorle; la lievitazione dell'impasto dura 48 ore ed è ottenuta solo utilizzando lievito madre. L'origine di questo dolce è legata al miracolo del 1177, quando il santo salvò i monzesi dalla piena del Lambro stendendo il proprio mantello sull’acqua, e ricevette come ringraziamento questo ricco pane. Il pane di San Gerardo si può trovare alla pasticceria Luzzara di via Buonarroti, mentre per i biscotti di San Gerardo bisogna andare alla pasticceria Santini di via Lecco, dove da oltre 150 anni si produ-cono questi dolci secchi, a lunga conservazione perché senz’uovo. Già nel medioevo biscotti simili a questi venivano fatti benedire dagli abitanti della Brianza comasca che si recavano a Monza in pellegrinaggio alle reliquie del santo, e che poi li appendevano alle finestre di casa.

La produzione enologica di un certo rilievo è legata ai pendii di Montevecchia, dove da alcuni anni si è ricominciato a produrre nel solco della secolare tradizione, utilizzando tecniche di vinificazione moderne e adeguate alle esigenze di mercato.